L’albero di storace e la sua essenza. Maria, storace e profumo purificante
L’ Antico Testamento ricorda l’albero storace, la cui essenza veniva usata per le cerimonie più sacre d’Israele.
Nell’ Esodo 30, 34:36, il Signore disse a Mosè: «Procùrati balsami: storàce, ònice, galbano come balsami e incenso puro: il tutto in parti uguali.
Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere, salata, pura e santa ... Cosa santissima sarà da voi ritenuta».
E nel Siracide 24, 15:17 la Sapienza dice di sé: «Come cinnamòmo e balsamo ho diffuso profumo; come mirra scelta ho sparso buon odore; come gàlbano, ònice e storàce, come nuvola di incenso nella tenda. Come un terebinto [albero rustico della macchia mediterranea] ho esteso i rami e i miei rami son rami di maestà e di bellezza ...”.
Oltre che nella Bibbia lo storace e la sua essenza furono noti presso gli imbalsamatori d’Egitto (circa 3000 a.C.) e usati anche per prendere sonno. Vennero esportati qui dai Fenici dalla Mesopotamia. Altre fonti li ricordano originari di Siria e dell’Arabia, di Pisidia, di Cilicia e dell’America settentrionale, dove la liquidambar styraciflua assume un bellissimo fogliame autunnale nei colori del giallo, arancio e viola.
Nel medioevo sono ricordati nei trattati delle “mascalcie” (sui cavalli), in una ricetta che prevedeva l’unione con il seme delle zucche secche.
L’albero ha attraversato i secoli con pochi cambiamenti e oggi ha lo stesso ulitizzo.
Nelle cassifiche botaniche appare sempre come storace o stirace (styrax officinalis) a volte detto storagina o staracina, oppure in versione di pregio liquidambra o liquidambar orientalis. Fa parte della famiglia delle amentacee e mostra infiorescenza a spiga pendula.
“La corteccia viene bollita in acqua, spremuta attraverso sacchi di crine in modo da ottenere una resina liquida, di colore verde-grigio che, col tempo, si ispessisce e diventa nera, gradevolmente profumata, usata in medicina per curare alcune malattie della pelle e come antiparassitario contro gli acari della scabbia e i pidocchi, e in profumeria per fissare il profumo delle essenze” (v. Grande Dizionario della Lingua Italiana).
Nella Polyanthea del padre Ippolito Marracci chierico regolare della Madre di Dio († 1675) si trova lo storace e la sua essenza attributi di Maria, cioè traslati nella versione superiore delle cose terrene, quella spirituale.
Non sono cerimonie materiali ma “turiboli dei cuori”: il fumo purificatore delle preghiere dei fedeli e il profumo che evoca la presenza di Dio e la sacralità.
Si legge:
“STORAX. Per clarissimam, id est, dignissimam divine laudis dedicationem; storax enim, ut Physicor. libri narrant, vocem clarificat, et congrue gratiam diuinae laudationis figurat (Ugo di San Vittore)”.
Storace per la più preclara, cioè più degna dedicazione della lode divina; anche storace che, come narrano i libri di medicina, chiarisce la voce e raffigura opportunamente la grazia della lode divina ...
“Storax, quia si huius arboris gutta primo candida est, postea calore solis fusca efficitur Christus Dominus, qui à B. Virgine tamquam gutta processit, fuit candidus per innocentiam, et anime puritatem, quia peccatum non fecit, sed calore solis, id est fervore passionis, quasi fulvus factus est, vel quasi subrufas, unde dicit sponsa: «Amicus meus candidus, et rubicundus” (Cantico 2, Riccardo da San Lorenzo).
Storace, perché se la goccia di quest’albero è dapprima bianca, poi diventa scura per il calore del sole: Cristo Signore, che procedette dalla Beata Vergine come una goccia, era bianco per innocenza e purezza d’anima, perché non peccò, ma per il calore del sole, cioè per il fervore della passione, divenne come fulvo o come rossastro, per la qual cosa la sposa dice: «Il mio amico è bianco e rubicondo ...».
“Storax, lachrymas fluens, saepe enim lachrymas, a suspiria emisit” (Iacopo da Varazze).
Storace, fluente lacrime, perché spesso versò le lacrime dai sospiri.
“Storax edificationis” (Bartolomeo da Pisa).
Storace, di edificazione.
“Storax, quia pietate viscerosa” (Ibidem).
Storace, per la pietà viscerale.
“Storax, purgans aerem corruptum, id est, animam nostram, sive spiritum habentem corruptionem peccatorum, et fugans omnem vaporem, et fumum pestilentem malarum, suggestionum diaboli; Storax, enim secundum Isidori. 17. Etymolog., est arbor Arabie, cuius fumus purgat aerem corruptum, et fugat onmem vaporem, et fumum pestilentem” (Bernardino de’ Bustis).
Storace, che purifica l’aria corrotta – cioè la nostra anima, o spirito, che viene corrotta dai peccati – e scaccia ogni vapore e il fumo pestilenziale dei mali, delle suggestioni del diavolo; poiché lo storace, secondo Isidoro [da Siviglia, † 636]. 17. Etimologia, è un albero arabo, il cui fumo purifica l’aria corrotta e scaccia ogni vapore e fumo pestilenziale ...
Il Du Cange nel Glossarium va ancora oltre il significato di storace ed essenza.
Ricorda dapprima Papias del secolo XI, un pedagogo poco noto, il quale scrisse che lo storace è una lacrima. Da qui il nome con cui è chiamato, ed è qualcosa di simile al frutto della mela cotogna, la cui distillazione si unisce alle verghe e alle canne.
Da storace – ricorda poi – derivò “stauracium”, paramento ecclesiastico che fu un genere di pallio dipinto “ex storace ...” (Chronicon Fontanellense, cap. 16).
Paola Ircani Menichini, 26 settembre 2025. Tutti i diritti riservati.
L'articolo in «pdf»